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Capire ciò che celebriamo

Capire ciò che celebriamo

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IlTriduo pasquale” inizia con la Messa serale del Giovedì santo, ha il suo fulcro nella Veglia pasquale e termina con i Vespri della domenica di Pasqua. Di per sé corrisponde ai tre momenti di morte, sepoltura e risurrezione del nostro Signore.

Con la Messa vespertina del Giovedì santo celebriamo l’istituzione dell’eucaristia. Nel rito eucaristico Gesù anticipa l’offerta di se stesso in prospettiva di vittoria, guardando cioè verso la risurrezione. Prima della morte, Gesù affida alla sua Chiesa “il nuovo ed eterno sacrificio” perché venga perpetuato in sua memoria. Siamo così invitati a nutrirci al convito nuziale del suo amore.

 Il Venerdì santo celebra la morte vittoriosa del Signore. Ciò è proclamato nella Passione secondo Giovanni, che racconta di un Gesù “elevato” o “innalzato” sia sulla croce e sia alla gloria. E questo ci vuole ricordare anche l’adorazione della croce che nell’antifona iniziale dice “dal legno della croce è venuta la gioia in tutto il mondo”.

Il Sabato santo.  Siamo invitati a fare nostro e prolungare l’atteggiamento delle pie donne che, dopo la sepoltura di Gesù, stavano “sedute di fronte alla tomba” (Mt 27,61).  La raccomandazione di sostare presso il sepolcro è in vista dell’attesa della risurrezione del Signore. Un tema specifico, anche se un po’ messo da parte, oltre al riposo di Cristo nel sepolcro, è la sua “discesa agli inferi”. Si tratta di un articolo fondamentale della nostra fede per cogliere il senso profondo della Pasqua: Cristo incontra Adamo e gli altri giusti che giacciono “nelle tenebre e nell’ombra di morte”: ad essi il Redentore annuncia la salvezza e apre le porte del regno dei cieli. «Due le realtà espresse: Cristo è veramente morto ed è rimasto anche nello stato di morte, è entrato nel regno dei morti, che la Scrittura chiama “inferi”. Gesù nella sua morte ha abbracciato senza restrizioni il tragico destino dell’uomo. Ma la solidarietà di Cristo con gli uomini non è solo dentro la morte, ma anche oltre la morte: Egli ha vinto la morte e ha aperto agli uomini di tutti i tempi, da Adamo in poi, la via della speranza e della salvezza. E’ quanto esprime l’inno delle Lodi mattutine del Tempo di Pasqua: “Dagli abissi della morte / Cristo ascende vittorioso / insieme agli antichi padri”.»

La Veglia pasquale. «Il simbolismo fondamentale di questa Veglia pasquale è quello di essere una “notte illuminata”, anzi una “notte vinta dal giorno”, dimostrando mediante i segni rituali che la vita della grazia è scaturita dalla morte di Cristo.» La Veglia si fa di notte per simboleggiare il passaggio dalla notte al giorno radioso. «La celebrazione vigiliare introduce i partecipanti nella contemplazione della Pasqua in tutte le sue dimensioni: la liturgia della luce o “lucernario” (benedizione del fuoco nuovo, accensione del cero pasquale e canto dell’Exultet o annuncio pasquale) celebra la Pasqua cosmica, che segna il passaggio dalle tenebre alla luce; la liturgia della Parola ( con sette letture dell’Antico Testamento più due del Nuovo) celebra la Pasqua storica evocando i principali momenti della storia della salvezza; la liturgia battesimale celebra la Pasqua della Chiesa, popolo nuovo suscitato dal fonte battesimale; la liturgia eucaristica celebra la Pasqua perenne ed escatologica con la partecipazione al convito eucaristico, immagine della vita nuova e del regno promesso. …

Si noti che tutto il significato del Triduo pasquale sta nel suo dinamismo interno di “passaggio”, di avvio e inizio di un nuovo stato di cose, di una nuova situazione che si instaura proprio in forza degli eventi commemorati nei giorni del Triduo.»

Il passaggio non è automatico, non è per nulla scontato: bisogna passare attraverso la notte e saper attendere il giorno; bisogna sostare nel mistero del dolore e della morte. Soprattutto, abbiamo bisogno di crescere nella fede per scorgere la presenza viva di Gesù nella nostra storia. (da AUGÉ M., L’anno liturgico. È Cristo stesso presente nella sua Chiesa, Libreria Editrice Vaticana 2009, p. 140-150)