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Fine della compassione?

Fine della compassione?

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Il viaggio disperato lungo la rotta dei Balcani di centinaia di profughi, un esercito di invisibili, uomini adulti, ma anche tante donne, bambini, persino neonati, che percorre un cammino dalla Bosnia attraversando Croazia e Slovenia fino alle frontiere di Trieste e Gorizia, con temperature sotto lo zero, nella neve, tra i boschi, sognando un approdo in Europa sempre più difficile, ecco, questo viaggio sembra non fare notizia. Solo da poco la stampa nazionale ha preso a parlarne, con la lodevole eccezione di Avvenire, che non ha mai spento i riflettori su questo dramma, raccontandoci senza risparmiarci nulla le atrocità che le polizie di Croazia, Slovenia e purtroppo talvolta anche Italia, commettono legalmente sulla pelle dei migranti. Atrocità e violenze che francamente pensavamo non avremmo più visto in Europa.

Da mesi diverse organizzazioni internazionali, associazioni e volontari denunciano le condizioni insostenibili in cui vivono queste persone arrivate attraverso la rotta balcanica della migrazione.

Provengono da diversi paesi, Afganistan, Pakistan, Siria, Bangladesh, Nepal….percorrono una Via Crucis scandita da umiliazioni e sevizie, lungo la quale spesso vengono rimandati indietro al punto di partenza. Molte testimonianze ci parlano di respingimenti multipli, profughi che ogni volta ritentano e riprendono il cammino, nonostante le difficoltà, pur di arrivare alla meta agognata. Il Danish Refugee Council, una autorevole ONG, ha documentato oltre 15mila respingimenti sul confine tra Bosnia e Croazia tra gennaio e novembre 2020. In altre parole, oltre quindicimila persone arrivate in Europa sono state ricacciate in Bosnia con modi spesso violenti. E questo è accaduto anche in Slovenia e purtroppo anche ai confini con l’Italia: una sistematica persecuzione dei richiedenti asilo all’interno di confini dell’Unione Europea!

La situazione già precaria dei migranti in Bosnia Erzegovina si è ulteriormente aggravata, dopo l’incendio che ha distrutto il campo di accoglienza Lipa, sia per il peggioramento delle condizioni meteo, sia per i continui trasferimenti da un campo profughi all’altro, in strutture dove mancano le condizioni minime per una sopravvivenza dignitosa. Le 1.200 persone ospitate al momento della chiusura sono finite per strada senza una sistemazione alternativa, con la conseguenza di una possibile catastrofe umanitaria che può condurre anche a violenze e gravi tensioni sociali. 

Una situazione questa della Bosnia che riporta l’attenzione anche sulla Rotta Balcanica che inizia in Grecia e finisce in Italia o in Austria. Una rotta che vede bloccate migliaia di persone in vari campi profughi e in altre soluzioni inadeguate, tanto più che con l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19, molti migranti in transito, ospitati in strutture inidonee, sono stati messi in quarantena in condizioni proibitive. Strutture e campi, già di per sé inadeguati e sovraffollati, si sono trasformati in luoghi di condizioni estreme e non più sostenibili: senza servizi, in situazioni igieniche pessime, con gravi rischi per la salute anche psichica dei migranti, molti dei quali sono costretti a vivere all’addiaccio. È  di settembre 2020 la tragedia del Campo di Moria nell’isola di Lesbo, nel quale andarono distrutte tutte le strutture di accoglienza già fatiscenti. Una situazione di abbandono e disinteresse da parte delle autorità locali ed internazionali.

L’Unione Europea, che ha trovato strategie comuni per far fronte al Covid-19 non ha ancora avuto la forza, o il coraggio, di affrontare questo problema in modo efficace e rispettoso dei diritti, dei quali l’Europa dovrebbe essere portatrice.

Ma anche il nostro paese, e noi stessi, concentrati sulla pandemia che ci ha travolti, sembriamo incapaci di com-passione, di soffrire insieme e di farci carico delle sofferenze degli altri.

Papa Francesco ci ricorda che “oggi più che mai abbiamo bisogno di fraternità. Non una fraternità fatta di belle parole, di ideali astratti, di vaghi sentimenti….No. Una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di com-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni: fratelli tutti”

Di fronte alle sfide del nostro tempo, che non conoscono confini, “non si possono erigere barriere” solo facendoci davvero fratelli possiamo recuperare umanità e compassione. (Rosanna Tommasi)