Una considerazione leggendo: MARCO VENTURA, Nelle mani di Dio. La super-religione del mondo che verrà (contemporanea | trecentouno) il Mulino, Bologna 2021.
Da anni mi interesso di dialogo ecumenico e interreligioso dal punto di vista teologico, ma non mi era mai capitato di guardarlo dal punto di vista dell’impatto che le religioni esercitano sul mondo e viceversa. La politica, la cultura, l’economia, il costume sociale e una certa visione globale del mondo dipendono molto dalle religioni che, a loro volta, vengono condizionate e piegate a seconda dei più svariati interessi. In tal senso, il libro di Marco Ventura, Nelle mani di Dio. La super-religione del mondo che verrà, mi fa guardare le cose da una prospettiva per me inedita che, tra l’altro, restituisce grande importanza ad avvenimenti, quali ad esempio la rivoluzione khomeinista, che noi confiniamo nella cronaca se non nel dimenticatoio. Contenuto del saggio è il rapporto tra le religioni e le grandi sfide planetarie che interpellano sia le religioni, sia il mondo: emergenza ambientale, sviluppo sostenibile e trasformazione digitale. Molte le soluzioni e le politiche per rispondervi, molte quindi le occasioni che le religioni e il mondo hanno per convergere o dissentire. Comunque, che si creda o non si creda in Dio, e indipendentemente dall’idea che abbiamo di lui, siamo nelle sue mani. Non solo qualsiasi soluzione pensata per far fronte alle varie sfide non può prescindere dalle religioni, ma deve anche tenere conto dell’imprevedibilità di Dio. Quanto mai appropriato, quindi, il titolo del libro, “nelle mani di Dio”: il nostro mondo e il nostro destino dipendono ancora dalle religioni per il ruolo fondamentale che continuano a giocare. Del resto, «l’85% della popolazione del globo si identifica con una religione.» E questa che si voglia o meno «plasma ogni giorno la vita dell’umanità e la nostra.» Compresa anche la vita di quel 15% che non appartiene o non si identifica con qualche religione, ma ha comunque a che fare con i credenti. Pertanto, il mutamento in atto della nostra società deve fare i conti con le religioni e con l’idea che trasmettono di Dio. Tre i campi in cui è piuttosto evidente la loro interazione. E per questo Marco Ventura parla di tre mani di Dio.
La prima mano, detta “mano armata” di Dio, si riferisce «all’impatto della religione sui conflitti contemporanei e sulla loro prevenzione e risoluzione. Siamo nelle mani di Dio, da questo punto di vista, perché la religione è insieme il problema e la soluzione della violenza, perché la guerra e la pace in nome di Dio sono avvertite come prioritarie nell’agenda internazionale.»
La seconda mano, preoccupata dell’impatto materiale delle religioni nei confronti dello sviluppo sostenibile, riflette sulle loro diverse posizioni e concezioni. Anche qui siamo nelle mani di Dio perché la religione può condizionare o essere condizionata dalla economia e rivelarsi quindi fattore di povertà o di ricchezza.
La terza mano, soprannominata “mano aperta”, concerne il rapporto tra la religione e la società globale che nello sforzo di rispondere alle sfide che l’attendono, tenta di programmare una religione che possa favorire la pace e lo sviluppo. E’ detta “mano aperta” per due motivi: perché è quella mano che vorremmo afferrare per tirarla dalla nostra parte, ma è pure quella mano che ci afferra e ci tira dove vuole, dalla sua parte. «E’ la mano aperta a ogni utilizzo del religioso contemporaneo, a ogni scelta strategica; al contempo è la mano che spiazza, che sorprende, che frustra ogni illusione di controllo per schiudersi su esiti inattesi.» Anche in questo caso siamo nelle mani di Dio sia per le diverse strategie dei credenti in relazione alla pace e allo sviluppo, sia per l’imprevedibilità di Dio e la possibilità che i nostri progetti si scontrino con la realtà religiosa e sociale.
Perché le religioni contino nei tre campi visti, pace, sviluppo e programmazione, devono superarsi, mettersi in discussione per oltrepassare i confini che le dividono onde permettere che i credenti lavorino insieme e possano darsi obiettivi più grandi della loro singola fede. Anche i confini tra religione e non-religione vanno abbattuti perché è necessario che credenti e non-credenti uniscano le forze.
1. La nuova religione
Nel dipinto della creazione dell’uomo nella Cappella Sistina, Michelangelo racconta che è la mano di Dio a comunicare la vita ad Adamo che tende la sua mano verso quella del Creatore. Nell’Ottocento, qualcuno pensò che la mano di Dio non c’entrasse niente, che fosse fuori posto: raccontava qualcosa di non vero che andava bene per una umanità credulona. Ma la religione non è morta! Qualcuno crede ancora alle due mani e sente che non si tratta di una vaga idea priva di realtà.
Agli inizi degli anni Ottanta abbiamo visto le due mani combinarsi ancora insieme, soprattutto con la rivoluzione khomeinista che ha significato molto per il risveglio dell’islam. E sono proprio gli attentati a Papa Giovanni Paolo II (13 maggio 1981) e al presidente egiziano Sadat (6 ottobre 1981) a farci scoprire la violenza fatta in nome di Dio. Una violenza destinata ad allargare sempre di più il suo spazio d’azione.
La mano di Dio, però, non è presente solo nella violenza, ma anche nella lotta alla povertà, in quanto le religioni influiscono sul futuro sviluppo su più campi: «ambiente e finanza, tecnologia e infrastrutture, modello economico e strategie del mercato globale.» Anche se diversi sono i modi di pensare e utilizzare le risorse, come anche le forme, il contributo delle religioni è vitale.
Con l’avvento di Margaret Thatcher (1979) e Ronald Reagan (1980) si è realizzata con successo una «convergenza culturale e politica tra cristianesimo conservatore, libero mercato e de-statalizzazione dell’economia.» In questo libero mercato non si fa più appello alla mano invisibile di Dio che, anzi, viene praticamente eliminato per fare del mercato una religione. Il libero mercato non può risolvere tutto. Non si può fare a meno di una qualche pianificazione che tenga conto d’una società sempre più globale, di uno sviluppo sostenibile e d’una migliore e più equa distribuzione delle ricchezze e delle risorse. E qui le religioni possono far sentire la loro voce data l’influenza di cui ancora godono. Purtroppo, la loro, non è una voce unica.
Quale il futuro che ci attende? E’ qui la volta della terza mano, la “mano aperta”: quella che guarda a come oggi i governi, gli attori politici ed economici e la società civile in genere sentono di dover pianificare e governare le religioni per portare i credenti a contribuire alla pace, allo sviluppo e alla costruzione di una democrazia globale. Rientrano in questo campo anche le riforme teologiche, il dialogo ecumenico e quello interreligioso. Al bisogno di ordine e controllo, comunque, la mano di Dio sfugge. Dio resta sempre un Dio vivo, incontrollabile, misterioso e non racchiudibile nelle nostre categorie. «La mano aperta è anche la mano del Dio imprevedibile, indomabile e caotico, che sconvolge tutti i piani. E’ la mano di un Dio sopravvissuto e resiliente alla faccia di chi da secoli ne profetizza la morte, di un Dio innovatore alla faccia dei tradizionalisti, di un Dio conservatore alla faccia dei riformatori, di un Dio tecnologico alla faccia degli scienziati non credenti, di un Dio non credente alla faccia di chi disprezza l’ateismo.»
2. La super-religione
In tutti questi frangenti c’è come la consapevolezza che stiamo andando verso una super-religione qualitativamente e quantitativamente più grande delle singole religioni che verrebbero inglobate in essa. Praticamente, la super-religione si sta realizzando tramite le alleanze, le collaborazioni, i dialoghi e anche alle competizioni tra le religioni per la supremazia. «Il superamento è cruciale nella religione contemporanea. La parola super è la sua parola, in forza dell’ambizione a essere più grande e più potente, ossia a superare in quantità e qualità le religioni esistenti. In questo senso la super-religione non è «un’altra religione», ma è «le religioni» nell’atto di tendere al superamento, ed è «la religione» che esse complessivamente producono mentre si superano.» E’ una religione «che vuole superare ogni confine. La super-religione non è soltanto nel cristianesimo e nell’islam, ma anche nella religione del mercato, nella religione dei dati, nella religione dei social, nella religione dei diritti umani. … Non sappiamo se la super-religione sia voluta da Dio oppure se sia inventata dall’uomo, o un po’ da tutt’e due. In ogni modo essa è in sintonia con questo tempo di obiettivi globali, di azione globale, di paure e ambizioni globali. E’ super, la religione contemporanea, anche in questo senso, giacché è causa ed effetto di un’umanità che ha bisogno di più, in quantità e qualità di risorse, per fronteggiare l’emergenza climatica, la povertà, le ingiustizie. La super-religione è quindi la religione dell’ambiente, del pianeta, dello sviluppo sostenibile, dove, ancora, sono inscindibili da un lato il ridefinirsi delle religioni con il loro capitale morale e materiale in funzione della sostenibilità e dall’altro il contestuale ridefinirsi della sostenibilità come religione.»
3. Come porsi di fronte alla super-religione?
Cosa pensare circa l’ipotesi della formazione di una super-religione? Tante le domande e molte anche le posizioni e le opposizioni circa questa eventualità. E’ proprio un progetto divino che le fedi convergano in un’unica grande casa? Qualcuno, come il parlamento delle religioni mondiali, è già orientato il tal modo, ma contemporaneamente ci sono anche coloro che si oppongono contro l’ipotesi della super-religione che andrebbe per forza di cose a snaturare le religioni esistenti. A parte il fatto che non tutti sono convinti che si stia davvero andando verso una super-religione, «il sostegno alla super-religione può poi avere una motivazione politica, in particolare tra gli attori governativi che non credono più nell’interlocuzione con una sola religione e che salutano nella super-religione la condizione per politiche pubbliche multi-religiose e inclusive. Infine la super-religione può essere sostenuta da chi ritiene che lo sviluppo sostenibile non potrà essere efficacemente costruito se esso non diventerà una religione e se le religioni non si fonderanno per la causa.»
Secondo l’autore, non si possono superare la violenza, né sostenere lo sviluppo e in qualche modo governare o progettare il futuro senza andare verso una super-religione. Il mondo che verrà, secondo l’autore, necessita della super-religione. Per molti, essendo Dio ancora potente, è da controllare in ogni caso sia che si pensi che sia utile alla propria causa, sia che lo si veda come un nemico. E’, anzi, da ingaggiare se si vogliono ottenere determinati risultati: per la tutela della libertà religiosa, per la politica estera che deve muoversi secondo una dimensione internazionale, per il reciproco dialogo tra istituzioni religiose e secolari, per poter coinvolgere come partner gli attori religiosi e per il dialogo interreligioso «sintesi e culmine degli assi precedenti. … Per il suo impatto sulla società globale, per la sua trasversalità rispetto alle fedi, per la sua vocazione a inglobare tutta la religione e tutte le religioni, la mano del Dio contemporaneo spinge i credenti gli uni verso gli altri.» «Sta cambiando profondamente un mondo che ha tre volte bisogno della super-religione, per la pace, per lo sviluppo e per il futuro. Per ognuno dei tre bisogni siamo nelle mani di Dio. Dalla mano armata dipendono la guerra e la pace, dalla mano invisibile la povertà e la ricchezza, e dalla mano aperta il programma e la realtà.»
Esiste per davvero il bisogno di superare l’esistente, ma in che misura e secondo quali criteri? Mi fa paura pensare che sia l’uomo a stabilirli anche perché non mi pare che ci sia un accordo sostanziale circa le politiche da perseguire. Sentiamo il bisogno di allargare tanti confini, ma vediamo anche la realtà di molti tentativi di invasione da parte di potenze, logiche di mercato e voglia di supremazia. Per quello che mi riguarda, spero sia Dio, la sua mano invisibile a guidarci. E’ meglio aggrapparsi alla sua mano e sognare un mondo nuovo, una realtà altra diversa da quella che potremmo mettere insieme sommando le nostre conoscenze e sfruttando le nostre previsioni. Solo ritrovando il vero senso di Dio, e non una nuova religione, possiamo guardare al futuro con occhi diversi.
Fra Roberto Giraldo