Skip to content

Una Buona Notizia: la vita come dono

Una Buona Notizia: la vita come dono

Luogo:

La mia storia si potrebbe intitolare “Dalle notizie alla buona notizia” perché mentre pensavo di fare carriera come giornalista cercando la verità, la Verità del Vangelo ha trovato me.

Ma cominciamo dall’inizio: nel 2018 avevo 29 anni, lavoravo come giornalista, ero fidanzata da quattro anni e mezzo e la mia vita sembrava procedere su binari prestabiliti. Eppure, i conti della mia vita non tornavano mai: avevo tutto ma sentivo di non avere nulla, mi mancava sempre qualcosa. La mia fede, d’altra parte, era inesistente: non andavo a Messa da diversi anni e non credevo in Dio. Mi riusciva davvero difficile credere in un Creatore che guidava i miei passi e che prometteva una vita dopo la morte. Non riuscivo ad andare oltre la vista di un corpo mortale, eppure fin da piccola ero in ricerca di risposte. Col passare degli anni, le domande si sono fatte più insistenti e non mi facevano stare tranquilla; mi mettevano sempre alla ricerca di qualcosa (o meglio, di Qualcuno, anche se allora non lo sapevo). 
Desideravo una vita piena, così ho iniziato a cercare quella bellezza e quella libertà nei viaggi, nelle esperienze e nella conoscenza. Ma il tempo continuava a scorrere senza dare risposte, scivolando via dalle dita come sabbia e trascinando con sé amicizie, amori, luoghi, stagioni e paesaggi. L’unica destinazione possibile sembrava la fine di ogni cosa, senza nessun senso se non quello del caso. 

Allora non sapevo che le domande erano il modo con cui Dio mi parlava e mi chiamava. Le domande non mi lasciavano in pace perché… Dio non voleva lasciarmi in pace! Cercavo ed ero cercata. Non credevo nell’amore e senza saperlo ero amata. 

Così, nel 2018 Dio ha fatto la sua comparsa improvvisa nella mia vita, facendomi intuire, fin da subito, che quando si ha a che fare con Lui non esistono le mezze misure, cioè o lo ami con cuore indiviso o non lo ami. Una vera e propria “folgorazione sulla via di Damasco” che ha messo sottosopra la mia vita, perché passare dall’ateismo a una possibile consacrazione è un gran passo… anzi, è proprio un salto carpiato! Ma si sa, quello che è impossibile all’uomo è possibile a Dio, dato che le sue vie non sono le nostre vie.

Il Mistero di una chiamata e di qualsiasi vocazione penso sia così grande e al di fuori della nostra portata, che è impossibile cercare di spiegarlo in modo esauriente. Penso che questo Mistero sia come quello della vita: ne facciamo esperienza tutti i giorni, ci attraversa ma allo stesso tempo ci supera perché è molto più grande di noi. 

Questo per dire che, dopo quel primo incontro con il Signore, Lui ha lavorato il mio cuore in un modo che non so spiegare sempre razionalmente e che non smette di sorprendermi, però so che è successo. Per usare una metafora biblica, direi che ha fatto il lavoro del vasaio, mi ha modellato.

Da quel momento, comunque, sono passati circa due anni in cui Lui mi ha fatto aprire progressivamente gli occhi sulla realtà. La storia di San Paolo spiega come Dio agisce: Lui prima cerca l’uomo, che rimane “accecato” da questo incontro, poi gli mette sulla strada persone e strumenti che gli permettono di tornare a vedere. I nuovi occhi che si aprono sulla realtà, però, non sono più gli occhi di prima: lo sguardo è cambiato per sempre.

Ecco, nel corso di questi due anni ho avuto tante occasioni di incontro per comprendere la volontà del Signore (che coincide con i nostri desideri più profondi), in particolare la preghiera e i sacramenti. Ho capito che senza la Chiesa non c’è incontro, perché lì possiamo fare esperienza della presenza di Dio, del suo perdono, della Parola e delle relazioni con altri compagni di cammino. 

Così, di coincidenza in coincidenza (qualcuno le chiama “Dio-incidenze”), sono arrivata ad Assisi, dove ho ricevuto anche un mandato missionario per Betlemme, e poi al percorso delle 10 Parole. Il confronto assiduo con la mia guida spirituale mi ha aiutato a scorgere con più evidenza le parole che Dio voleva consegnarmi. Nella preghiera, i sacramenti, il volontariato, e anche attraverso gli incontri con fratelli e sorelle, Dio progressivamente ha confermato quell’intuizione iniziale. 

La vocazione non è una fede teorica o idealizzata, ma l’esperienza concreta di uno sguardo innamorato, di Qualcuno che si propone, si dona e chiede di donarsi senza paura e senza riserve. 

Ritornando alla metafora del vasaio, in questi due anni Dio ha lavorato moltissimo nel mio cuore, modellandomi per eliminare tutte le storture e per far emergere la vera bellezza che era in me. Eppure, tante volte ho cercato di oppormi alla Sua opera scappando o ribellandomi a Lui e a quello che io stessa sentivo e desideravo. E il Signore, come nel passo di Geremia, altrettante volte ha ripreso in mano l’argilla che si era guastata e si è rimesso pazientemente al lavoro. 

Dio sapeva che prima di seguirlo avrei dovuto sciogliere diversi nodi e avrei dovuto mettere ordine nella mia vita, così mi ha fatto camminare per oltre un anno nella Chiesa di Sant’Angelo. Considero il percorso delle 10 Parole come un vero e proprio dono da parte di Dio. Fin dal primo incontro ho capito di essere nel posto giusto, perché ogni catechesi sembrava scritta appositamente per me. Dicono che succede questo quando Dio vuole consegnarti una parola importante per la tua vita. 

E, visto che si arriva a un grande “Sì” attraverso tanti piccoli “sì” quotidiani, posso dire che il cammino delle 10 Parole sia stato uno dei “sì” più importanti nel mio percorso di discernimento.

Di recente sono entrata come aspirante tra le Clarisse Francescane Missionarie del Santissimo Sacramento a Bari, dove si trova la sede dell’accoglienza stabile, prima tappa del cammino. Il loro carisma viene detto “contemplattivo”, cioè contemplativo e attivo allo stesso tempo, perché si vive la preghiera con lo sguardo contemplativo di Santa Chiara e l’attività apostolica con il cuore missionario di San Francesco, il tutto con l’Eucarestia al centro. 

Insomma, da Milano a Bari, da atea a innamorata di quel Gesù in cui non credevo, da giornalista ad aspirante consacrata, prima con il microfono in mano, ora con la chitarra in mano… chi l’avrebbe mai detto! 

Penso che Dio abbia davvero tanta fantasia e anche un buon senso dell’umorismo, perché a volte gioca dei gran bei scherzetti. Di certo, quando ci si inizia a fidare di Lui, ad ascoltarlo e a seguirlo, la vita cambia. 

Se si ha il coraggio di mollare gli ormeggi e di prendere il largo, si può andare molto lontano con Lui. 

E magari quel “lontano” è nella propria città, ma fuori dai vecchi schemi e dalle proprie certezze, con occhi nuovi e con un cuore nuovo. A volte invece il distacco è più radicale e ci si ritrova in città e Paesi fisicamente lontani a fare cose che non si sarebbe mai pensato di fare. Quel che conta però non è tanto la geografia fisica, ma la geografia del cambiamento interiore, che porta verso la terra promessa della propria vocazione.

Questo viaggio avventuroso della fede non mette al riparo dal rischio, ma penso che il pericolo più grande sia quello di non partire mai e di rimanere nel porto per tutta la vita perché non si ha avuto il coraggio di vedere il mare aperto.

Alla fine, la verità più importante della vita è una sola, e il percorso delle 10 Parole mi ha aiutato a farne esperienza: Dio esiste, si è rivelato in Gesù e ci ama di amore eterno. Per usare il linguaggio giornalistico, è questa la notizia!

Cinzia