Il Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali a cui ha partecipato anche Papa Francesco (13-15 settembre), si è svolto nel Palazzo dell’Indipendenza a Nur-Sultan, capitale della Repubblica del Kasakistan. Si tratta di un avvenimento importante: iniziato per la prima volta nel 2003 si è poi succeduto ogni tre anni – nel 2006, 2009, 2012, 2015 e 2018 – fatta eccezione per quest’ultimo che è stato posticipato di un anno a causa della pandemia. Suo scopo: “Il ruolo dei leader delle religioni mondiali e tradizionali nello sviluppo spirituale e sociale dell’umanità nel periodo post-pandemico”. Papa Francesco era ben cosciente dell’importanza di partecipare a questo evento anche per la situazione che stiamo vivendo: “Dopodomani partirò per un viaggio di tre giorni in Kazakistan, dove prenderò parte al Congresso dei capi delle religioni mondiali e tradizionali. Sarà un’occasione per incontrare tanti rappresentanti religiosi e dialogare da fratelli animati dal comune desiderio di pace: pace di cui il nostro mondo è assetato”. Credo opportuno riportare alcune riflessioni che il Papa stesso ha pronunciato nel suo ultimo discorso davanti i molti capi religiosi.”La Dichiarazione del nostro Congresso afferma che l’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione od obiettivo si pongano, non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili – continua il Papa riferendosi alla Lettura del Documento finale – Il Kazakhstan, nel cuore del grande e decisivo continente asiatico, è stato il luogo naturale per incontrarci. La sua bandiera ci ha rammentato la necessità di custodire un sano rapporto tra politica e religione. No alla confusione, dunque. Ma “no” anche alla separazione tra politica e trascendenza, in quanto le più alte aspirazioni umane non possono venire escluse dalla vita pubblica e relegate al solo ambito privato”.”Occorre soprattutto impegnarsi perché la libertà religiosa non sia un concetto astratto, ma un diritto concreto. Difendiamo per tutti il diritto alla religione, alla speranza, alla bellezza: al Cielo. La via del dialogo interreligioso è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno. Il dialogo interreligioso non è più solo un’opportunità, è un servizio urgente e insostituibile all’umanità”. Altra affermazione importante è la precisazione di quale sia il punto di convergenza dei credenti: “l’essere umano concreto, indebolito dalla pandemia, prostrato dalla guerra, ferito dall’indifferenza! L’uomo, creatura fragile e meravigliosa, che senza il Creatore svanisce e senza gli altri non sussiste!”. “Si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti”.E ancora: “Per compiere scelte che siano davvero grandi si guardi ai bambini, ai giovani e al loro futuro, agli anziani e alla loro saggezza, alla gente comune e ai suoi bisogni reali. E noi leviamo la voce per gridare che la persona umana non si riduce a ciò che produce e guadagna; che va accolta e mai scartata; che la famiglia, in lingua kazaka ‘nido dell’anima e dell’amore’, è l’alveo naturale e insostituibile da proteggere e promuovere perché crescano e maturino gli uomini e le donne di domani”.Due i cardini su cui si fondano le religioni: la trascendenza, “forza nascosta che fa andare avanti il mondo”, e la fratellanza, la prossimità, “perché non può professare vera adesione al Creatore chi non ama le sue creature”.Sulla stessa linea va anche il documento finale siglato a Nur-Sultan: “L’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione od obiettivo si pongano, non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili: condannati, senza ‘se’ e senza ‘ma’”.
Frate Roberto Giraldo